Cristina Fabbri/http://www.7per24.it

“Negli anni ’50 potevi non trovare più da un giorno all’altro il cartellino; nessuno difendeva i diritti dei lavoratori, poi con la lotta operaia sono arrivate le conquiste: 15 giorni di ferie, il sabato libero, la parità salariale, le assemblee in fabbrica, …”. E ora? “Il mondo operaio non crede più nel sindacato ma nello stipendio che arriva a fine mese”, “non siamo più attori ma spettatori del nostro destino”, “ci viene chiesta sempre maggiore flessibilità”, “siamo di fronte a un ricatto”, “non mi hanno mai messo in regola”, “il lavoro oggi si cerca tramite conoscenze, amici”, “purtroppo accetti qualsiasi condizione perché hai una famiglia da mantenere, i figli da mandare a scuola e un mutuo da pagare”, “ho dovuto chiedere a mia suocera di darmi una mano per pagare le rate dell’affitto”, “non ci resta che vivere alla giornata”.

Parole forti, parole più che mai attuali. Sono quelle degli operai di Mirafiori del gennaio 2011, al tempo del drammatico referendum imposto da Sergio Marchionne. Daniele Segre ne ha fatto un documentario (Sic Fiat Italia. Così sia l’Italia) che è stato presentato oggi pomeriggio alla Multisala Novecento di Cavriago e che è stato un importante spunto di riflessione sul mondo del lavoro e sullo stato del nostro Paese. “Sono cresciuto in una famiglia che mi ha trasmesso l’importanza di ricordare – ha detto il regista stesso a conclusione della proiezione del film – Ed ecco perché ho scelto di dare la parola ai lavoratori, renderli protagonisti, pur consapevole che si tratti di testimonianze scomode. Di temi come questo mi sono occupato già in passato e mi hanno visto censurato anche da emittenti televisive come Rai Tre. Ecco perché ho accolto positivamente l’invito qui, oggi, a Cavriago, dei consiglieri Luca Ficarelli e Davide Farella. E’ un segno di grande civiltà”. Invito però che inizialmente aveva fatto storcere il naso in consiglio comunale, tanto che all’incontro odierno non si è visto il sindaco Vincenzo Delmonte.

Il dibattito – moderato dalla giornalista Elisa Pederzoli – è proseguito con Segre che ha parlato del periodo che stiamo attraversando come di una “fase storica particolare” e dell’obiettivo che si è posto con Sic Fiat Italia: “Spero funga da stimolo per riflettere, per capire cosa sta succedendo. Ieri è toccato a Mirafiori, oggi a milioni di altri lavoratori”. A fargli eco Luciana Castellina, giornalista de Il Manifesto: “L’opera di Segre mette in luce la solitudine di quegli operai, visto che intorno a loro non c’era il resto della città, così pure sottolinea la fine della classe operaia”. Ritiene che si debba partire proprio da lì, dal nostro passato. “Le nuove generazioni – ha proseguito – devono conoscere le rivoluzioni del passato, come sono avvenuti i cambiamenti; capire l’importanza di essere soggetti attivi. La memoria non è solo andare nei campi di concentramento, ma conoscere le sofferte conquiste sindacali durate più di 50 anni e che, ora, sono state azzerate”. Una sorta di invito a non restare immobili, quindi. “Le cose non arrivano per caso – ha puntualizzato Segre – ma attraverso i sacrifici”.

Ai lavoratori di Mirafiori venne chiesto di accettare nuove restrittive condizioni lavorative e mantenere il proprio posto di lavoro, oppure rifiutarle sapendo che a tale decisione sarebbe seguita la chiusura dell’azienda torinese. Seppur vinse il “sì” a quel referendum, Valerio Bondi (segretario provinciale Fiom-Cgil) ha ricordato che il divario con il “no” fu minimo e parlato di un “ricatto di fronte al quale vennero messi gli operai”. Quindi ha ripercorso le ragione del “no” espresse dalla Fiom: “Se un sindacato legittima un abuso, cede a un ricatto, perde la sua ragione d’essere. La precarietà, la perdita della dignità ed altri processi di frantumazione sociale non generano un’evoluzione”. Dalla Fiom la vertenza Fiat è considerata ancora aperta, “anche se i lavoratori oggi hanno paura, fanno fatica a reagire per il livello di intimidazioni raggiunto. E hanno bisogno una volta di più di sentire la vicinanza del paese, del governo, di chi manovra tutto il sistema”. A conclusione, parlando a livello generale, è arrivata una sorta di “ricetta” per uscire dalla crisi: “Bisogna ricostruire una condizione socialmente sostenibile, quindi potenziare gli ammortizzatori sociali, smetterla con i ricatti, difendere l’art. 18 e ripensare il modello d’industria”.